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Il decreto Amato è diventato legge

03 - 04 - 2007

Il decreto Amato è diventato legge. Lo stato doveva dare un segnale forte dopo la tragedia di Catania ma ha prodotto una brutta legge, pasticciata e oltremodo punitiva, anche se con qualche minima apertura a misure di carattere sociale. La cosa peggiore di questa legge è però l'interpretazione che ne ha dato l'Osservatorio sulle manifestazioni sportive.
In base alle limitazioni sugli striscioni contenute nella prima versione del decreto legge, infatti, l'Osservatorio, che ha il compito di tracciare le linee guida in materia di ordine pubblico negli stadi, ha emesso delle disposizioni che definire illiberali e sconcertanti non è esagerato. Dopo l'invenzione del biglietto nominativo con carta d'identità e codice fiscale, il controllo sociale mascherato da burocrazia vuole stritolare anche la creatività di uno striscione, di una bandiera, di uno stendardo. La logica del fax, da spedirsi una settimana prima della partita rimanendo poi in attesa del permesso della Questura, procedura di per sé discrezionale, diventa umiliante e frustrante per qualsiasi persona, figurarsi per un gruppo di tifosi che vivono lo stadio per passione e per svago, certo non come "lavoro". Non crediamo sia questa la strada per ridurre la violenza, ma sicuramente può diventare una strategia per mandare via la gente dagli stadi (ce n'era proprio bisogno?!), reprimere l'aggregazione e la socializzazione che trovano un simbolo negli striscioni, togliere ritmo, voce ed espressione - tamburi e megafono - assieme a colore e passione - bandiere e coreografie. Di certo è la strada sbagliata, ma è anche quella più facile: se la gente non va più allo stadio non ci sono più violenze e problemi di ordine pubblico. Abbiamo criticato apertamente il decreto legge e in particolare queste normative fin dalla loro stesura, tramite i media e nelle sedi competenti, e continueremo a farlo finché non verranno revocate, restituendo al mondo del tifo la possibilità di esprimersi, di manifestare il proprio pensiero e la propria unicità, fatta anche di sarcasmo e ironia, naturalmente senza razzismo o incitamento alla violenza. Crediamo per fortuna che i piccoli cambiamenti apportati al decreto legge alla Camera prima della conversione definitiva abbiano restituito un minimo di garanzie al mondo del tifo, riconducendo il divieto di esporre striscioni e bandiere solo ai casi in cui si riscontrino violenza e razzismo. Anche l'Osservatorio, quindi, quale esecutore di norme approvate dal Governo e dal Parlamento, dovrà quantomeno adeguarsi ai cambiamenti e modificare le sue disposizioni. Non si tratta di una questione di "onorevoli ultras" o di garantismo, ma di una scelta di buon senso e costituzionalità, poiché tali norme poco o nulla hanno a che fare con la prevenzione della violenza negli stadi.

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