Sempre meno diritti: i biglietti nominali
02 - 09 - 2005
Viviamo in un paese che, almeno teoricamente, ha sempre esaltato un certo tipo di libertà. Da qualche anno, visto il crescente potere della tecnologia, s'è iniziato a parlare di "tutela della riservatezza", allo scopo di garantire il diritto della persona a non essere costantemente monitorata. Indipendentemente dalle dichiarazioni di facciata, tutto questo sta già accadendo. Se qualche categoria, grazie a sponsorizzazioni politiche, è riuscita ad avere parziali tutele, il discorso cambia per i tifosi. Infatti, i tifosi (non solo gli Ultras), sono una categoria troppo eterogenea e frazionata (quindi non gestibile) per ricevere l'interesse dei politici, anche quelli generalmente più garantisti. Così, mentre qualcuno si preoccupa affinché siano tutelati i diritti anche ai criminali più sanguinari, vengono confezionate leggi speciali per i tifosi, leggi che, de facto, li discriminano dal resto della popolazione. Una delle novità introdotte con queste leggi è il cosiddetto "biglietto nominale". Per accedere allo stadio, quindi in un luogo pubblico, non sarà più sufficiente pagare ma si dovrà esibire un documento d'identità, i cui dati saranno riportati sul tagliando medesimo. Così, le forze dell'ordine, sapranno immediatamente chi è presente allo stadio. In realtà tutto questo accadeva già in parte. Basti pensare agli abbonamenti del PARMA Calcio (tutti nominali e con banda magnetica) che quando inseriti all'ingresso... registrano nome e orario dell'arrivo. Ecco, d'ora in poi, tutto questo accadrà anche per chi non è abbonato. Indipendentemente da tutto il caos organizzativo e pratico che questo provvedimento rischia di generare, provocando interminabili code ai botteghini, appare come lesivo del diritto alla riservatezza della persona, che in questo caso può essere un'Ultras, un tifoso o anche un semplice spettatore. Giustificare il provvedimento in oggetto adducendo ragioni investigative è insensato, giacché la procedura da seguire non segue un reato ma ne precede uno ipotetico, che quindi potrebbe anche non verificarsi. Spiegarlo come provvedimento d'emergenza è poco realistico, perché non ci sono stati fatti di particolare gravità che possano giustificarlo. Non solo, ma anche in conseguenza a fatti particolarmente gravi sarebbe necessario chiedersi dov'è il confine tra stato di diritto ed esigenze di polizia. Se questo confine si pensa che non ci sia o si pensa che si possa progressivamente spostarlo, si abbia almeno il coraggio di dire che lo stato di diritto, semmai è esistito, ha ceduto definitivamente il passo a quello di polizia.
Qualche benpensante potrebbe pensare che stiamo esagerando. Eppure noi abbiamo visto i mezzi d'informazione inventarsi notizie e pericoli, l'opinione pubblica plagiata e i politici promulgare leggi che violano apertamente le libertà della persona. C'è sicuramente di che preoccuparsi! Quando s'è pronti a sacrificare le proprie e altrui libertà s'imbocca una strada pericolosa. Oggi si calpestano i diritti di chi va allo stadio. E domani?