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No al burka blu: numeri di riconoscimento su caschi e divise

12 - 11 - 2006

Brescia, 18 febbario 2006, Manifestazione Ultras per Paolo. Striscione degli Ultras Tito: 'Codici di riconoscimento su caschi e divise' Abbiamo più volte scritto in merito a ciò che successe a Paolo, tifoso del Brescia selvaggiamente picchiato dalle forze dell'ordine presso la stazione di Verona, al termine dell'incontro Verona-Brescia dello scorso anno. La polizia, in quell'occasione, caricò indistintamente tifosi, donne, e Ultras, provocando diversi feriti. Tra questi vi era Paolo, ripetutamente colpito mentre giaceva a terra inerme. I soccorsi furono tardivi perché la polizia, contattando il 118, indusse i soccorritori a ritenere si trattasse di un ferito lieve (codice giallo). Giunti sul posto, gli uomini del 118, decretarono immediatamente il codice rosso (urgenza).
La prima versione dei fatti, rilasciata dalla questura ai mezzi d'informazione, parlava di incidenti tra opposte tifoserie con un ferito grave. Successivamente: di incidenti tra forze dell'ordine e tifosi bresciani, specificando che il tifoso che versava in gravi condizioni era stato ferito da un sasso lanciato dagli stessi tifosi.
Da quel giorno è iniziata la battaglia dei Brescia 1911 - supportati da buona parte del movimento Ultras - nei confronti della questura di Verona in nome della verità.
Paolo, dopo alcuni mesi di coma, s'è svegliato; privo, però, di una vita normale, quella che aveva condotto fino a quel disgraziato giorno, quando incappò nella furia omicida di qualche uomo in blu.
Molti giornalisti hanno rifiutato di scrivere ciò che successe veramente quel giorno. Altri, su pressione dei loro capi, hanno dovuto d'esistere. Così, al posto della verità, è stata generalmente diffusa la velina del ministro, secondo cui: gli Ultras avevano aggredito le forze dell'ordine.
Nei mesi scorsi, dopo un anno di indagini, la magistratura scaligera s'è pronunciata sull'accaduto, dando ragione ai ragazzi di Brescia. Purtroppo, però, i "responsabili dell'ordine pubblico" sono stati graziati (...) e nessuno è stato condannato, perché non è stato possibile riconoscere l'agente che ha infierito materialmente su Paolo.
Sono anni che gli Ultras portano avanti battaglie sui soprusi delle forze dell'ordine ma il sistema cerca sempre di soffocare le notizie scomode. Ricordiamo Stefano Furlan, tifoso della triestina ucciso dalla polizia; Celestino Colombi, morto d'infarto per una carica della pula; Alessandro, tifoso della Roma, rimasto in coma per molti giorni. Stessi metodi, stesso modo di agire, dentro lo stadio e dinnanzi all'opinione pubblica.
Gli Ultras, da tempo, chiedono che gli agenti siano identificabili tramite numeri di riconoscimento, ben visibili su divise e caschi; così come accade in molte altre nazioni. Proposta a cui gli Ultras Tito, alla Manifestazione tenutasi a Brescia il 18-02-2006, dedicarono un apposito striscione.
Ogni domenica, in tutti gli stadi, ci sono in campo giocatori con un numero che li contraddistingue; i fotografi, così come i buttafuori (steward), hanno una pettorina con un numero per essere identificati; i tifosi, addirittura, sono preventivamente schedati (biglietti nominali) e costantemente filmati grazie alle normative dei decreti Pisanu. Gli unici a non essere identificabili sono quindi gli appartenenti alle forze dell'ordine. E, come se non bastasse, sono soliti utilizzare caschi e foulard, anche al fine di rendersi irriconoscibili. La divisa, in quest'ottica, da simbolo di autorità e di facile identificazione, pare trasformarsi in un impenetrabile burka blu, in grado di celare l'identità di chi la indossa. Una disuguaglianza inaccettabile, che genera impunità ad hoc, almeno allo stadio.
Nel corso della nostra trentennale esistenza abbiamo visto agenti dal manganello facile, commissari far partire cariche insensate, ma anche persone responsabili con cui poter ragionare. Senza voler fare di tutta l'erba un fascio: non sono tollerabili situazioni di privilegio dinnanzi alla legge.
LIBERO CITTADINO? NO ULTRAS!!!

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