Calcio-scommesse. InGiustizia 1980
23 - 06 - 2006
Nel 1980, in Italia, scoppiò lo scandalo del calcio-scommesse. Erano coinvolti in tanti, anche i più potenti, ma solo i più deboli, alla fine, furono condannati.
La magistratura ordinaria fece arrestare alcuni giocatori in modo plateale, ma li scarcerò subito. Altri non li convocò neppure. Alla fine: non punì nessuno.
La "giustizia" sportiva adottò il pugno di ferro, ma solo con Milan e Lazio. Con altre società, in particolare la Juventus, ignorò prove e testimonianze.
La legge non è mai stata uguale per tutti.
Il giocatore Carlo Petrini, a quel tempo in forza al Bologna, fu squalificato per 6 mesi. Ma soltanto molti anni dopo, nel 2000, decise d'uscire dall'omertà per raccontare la sua verità.
Abbiamo deciso di pubblicare alcuni suoi testi perché sono una testimonianza diretta sul calcio-scommesse e sul sistema calcio. Tra i vari personaggi citati alcuni sono ancora in auge, altri li abbiamo conosciuti da vicino, a PARMA, dove approdarono nel corso della loro carriera.
Il testo che segue è stato tratto dal libro "Nel fango del dio pallone" (2000) di Carlo Petrini:
Domenica 13 gennaio 1980 si doveva giocare Bologna-Juventus.
I bianconeri erano in una situazione disastrosa: erano reduci da tre sconfitte consecutive e in classifica stavano scivolando in zona retrocessione.
Il giovedì prima della partita il nostro direttore sportivo (Sogliano) alla fine dell'allenamento ci radunò tutti nello spogliatoio e ci disse: "ci siamo messi d'accordo con la Juve per pareggiare la partita di domenica. E' chiaro per tutti?" Nessuno di noi giocatori ebbe niente da obbiettare, cosi Sogliano se ne andò tutto soddisfatto.
A quel punto il nostro allenatore (Perani) ci propose di scommettere sul risultato di quella partita.
Discutemmo con Perani la somma da puntare, alla fine si optò per 50 milioni.
Dovetti convincere ad accettare la nostra scommessa da parte degli scommettitori clandestini perché non si fidavano. Infatti mi dissero che ultimamente avevano preso più di una fregatura: certi giocatori gli avevano promesso di risultati che in campo non erano stati mantenuti. Avevano perso un mucchio di soldi. Si convinsero solo quando gli dissi che gli accordi per il pareggio non li avevamo presi noi giocatori, ma i dirigenti delle due società. La prova di quello che dicevo si trovo nella Gazzetta dello Sport della domenica mattina: "Alla Juve basta un pareggio" dichiarava l'allenatore bianconero Trapattoni. Ricordo che quando uscii dagli spogliatoi per recarmi in panchina incrociai Trapattoni. Gli raccomandai il rispetto dell'accordo preso dalle due società, e lui mi disse che potevamo stare tranquilli, che non c'era nessun problema. Anche i miei compagni, nel sottopassaggio prima di entrare in campo, fecero lo stesso con alcuni giocatori juventini (che quel giorno erano: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Gentile, Brio, Scirea, Causio, Prandelli, Tavola, Bettega, Marocchino) gli dissero che avevamo scommesso sul pari; uno di loro rispose:
"Tranquilli, noi oggi non abbiamo scommesso, il colpo l'abbiamo già fatto due domeniche fa' con l'Ascoli".
Quando si concordavano i pareggi si puntava allo 0 a 0, proprio per evitare di trovarci in situazioni imbarazzanti o che il controllo del risultato potesse sfuggire di mano. Fu cosi per quasi tutto il primo tempo, il nostro primo tiro in porta fu al 35° minuto, la Juve non fece molto di più. Il pubblico cominciò a protestare, sembrava una commedia più che una partita di calcio.
Nella ripresa il nostro portiere Zinetti, totalmente deconcentrato, ne combinò una grossa: al 10° minuto, su un'innocente tiro di Causio, si impaperò e il pallone gli scivolò nella rete.
In campo l'imbarazzo fu generale. Causio, più dispiaciuto che contento per il goal, si avvicino alla panchina e discusse con Trapattoni.
Nel giro di pochi minuti incominciammo a credere che i giocatori della Juve non volessero più rispettare l'accordo. La tensione in campo divenne alta, noi insultavamo gli juventini, che tacevano imbarazzati. A un certo punto Bettega ci disse "Calmatevi: la responsabilità di farvi pareggiare me la prendo io". Meno di un quarto d'ora dopo la situazione venne risolta dagli stessi bianconeri: su un nostro calcio d'angolo, Brio ci regalò una bella autorete. Tutti a posto e tutti contenti.
L'indomani, leggendo la cronaca della partita, ce la ridemmo di gusto. Un nostro dirigente venuto a sapere del pareggio concordato ci disse: "Brutti stronzi, potevate dirmelo che scommettevo anch'io". I soldi che avevamo vinto per questo pareggio concordato non li avremmo mai presi. Alcuni di noi (me compreso) fecero altre combine.
A fine febbraio il presidente e Sogliano mi chiesero se oltre alla partita con la Juventus noi giocatori avevamo preso accordi con altri pareggi combinati. Io negai stupito. Il presidente mi disse "mi hanno chiamato due tizi con l'accento romano: vogliono 200 milioni, sennò presenteranno una denuncia alla procura di Roma... Non capisco: hanno avuto il pareggio con la Juve, non vi hanno ancora pagato i 50 milioni della scommessa, e vogliono denunciarci!".
Fu la fine. Il 16 marzo i giudici avevano mandato una prima serie di comunicazioni giudiziarie per truffa. Fra gli altri ai presidenti e allenatori di Bologna e Juventus. La sera, alla domenica Sportiva, fecero rivedere i due autogol della partita incriminata, il signor Bettega, in collegamento da Torino, protestò, era indignato, fece una bella sceneggiata. Noi, vedendo la scena in tv, trovammo la forza di ridere. Non solo era un ottimo giocatore, ma l'attaccante della Juve era anche un grande attore. Ormai era tutto finito. Ci furono arresti in tutta Italia, tanti giocatori erano coinvolti e tante squadre furono penalizzate (una su tutte il Milan).
Perché nessuno di noi del Bologna venne arrestato come tutti i giocatori coinvolti nello scandalo? Forse perché di mezzo c'era la nostra partita con la Juventus. Se fossimo finiti in carcere, avremmo potuto raccontare di quel pareggio combinato con la squadra dell'Avvocato.
[...] Ai primi di maggio (1980) la Federazione chiuse la sua inchiesta. Per la partita Bologna-Juventus del 13 gennaio venivo rinviato a giudizio con altri miei compagni, presidente e allenatore del Bologna compresi. Il processo riguardava anche Boniperti e Trapattoni (presidente e allenatore della Juventus).
Il processo per noi del Bologna cominciò il 23 maggio, qualcuno mi disse che erano in corso grandi manovre per insabbiare la partita con la Juve. Le previsioni vennero tutte confermate.
Mi misero davanti ad uno dei miei due amici scommettitori, io negai tutto ma loro confermarono le accuse nei miei confronti. Incontrai Boniperti e il legale della Juve, l'avvocato Chiusano.
Disse che voleva parlarmi. Mi disse "Petrini, è nell'interesse di tutti che il signor Cruciani non venga a testimoniare. Noi rischiamo la Serie B, lei la radiazione. Quindi cerchi di rintracciare Cruciani e gli prometta tutto ciò che vuole. Se lei darà una mano a noi, noi daremo una mano a lei, d'accordo?". Io non sapevo cosa fare. Decisi di accettare e incontrai Cruciani. Gli riferii quello che mi aveva detto Boniperti, non si doveva presentare al processo, gli dissi che se non fosse andato a testimoniare la Juve aveva pronto un assegno di 70 milioni tutto per lui.
Mi disse "vabbe' domani sparisco ma guai a voi se mi fregate un'altra volta. Torno e vi faccio neri tutti quanti."
L'indomani, quando arrivai in Federazione mi vennero incontro Boniperti e Chiusano. Il primo era agitato, il secondo era una statua. Gli dissi che era tutto a posto; Cruciani non si sarebbe presentato ma in cambio voleva 70 milioni, il prezzo stabilito. Boniperti tirò un sospiro di sollievo.
Fui costretto a confrontarmi con Trinca, stavolta per la partita giocata contro la Juve.
Io negai tutto. Trinca era infuriato perché Cruciani non si era presentato. Ai giornalisti che gli domandavano dell'assenza di Cruciani, Trinca dichiarò: "Cruciani non è venuto forse perché ha paura (...). E' troppo facile prendersela con il Milan e con Colombo (presidente della squadra rossonera.): anche la Juve deve finire in serie B!!! Sennò è uno scandalo."
Per il giudice le due società Juventus e il Bologna furono assolte per mancanza di prove.
Furono inflitte pene ai giocatori del Bologna (per altre partite combinate) tra cui io. Fra tutte le squadre coinvolte nello scandalo, la sola che ne usciva con il minimo danno era la Juve.
Ecco come la Juventus venne salvata dalla Serie B.