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Ultras quale futuro?

05 - 02 - 2007

Dopo la morte di un uomo, anche se in divisa, dovrebbe arrivare il momento del silenzio, ma visto che tutti parlano, anche chi farebbe meglio a star zitto anche chi, prendendo la palla al balzo, parla di cose che centrano fino ad un certo punto, allora noi ne approfittiamo, non per sparare giudizi, sentenze o prendere posizione, ma solamente per qualche riflessione a mente calda.
Siamo nel bel mezzo del processo indiscriminato all'Ultras, sentiamo ogni giorno parlare gente come Pisanu (intercettato mentre chiedeva favori a Moggi), Lotito (coinvolto in Calciopoli) ecc ecc, sentiamo da più parti gente che ha preso al volo la vicenda, non portando rispetto alla morte di un uomo, per spostare l'attenzione sugli stadi non adeguati, un bell'affare per molti, anche per lo Stato.
Sentiamo anche gente rinnegare il recente passato e, per farsi bella e mischiarsi al coro, unirsi nella caccia alle streghe. Sentiamo chiamarci "disadattati", "casi sociali", "falliti", "disoccupati" ecc ecc. Praticamente, niente di nuovo.
Noi non rinneghiamo i nostri pensieri da Ultras, eravamo Ultras prima del derby siciliano mentre preparavamo PARMA-Fiorentina, siamo Ultras oggi quando tutti ci danno contro, anche chi ci ascoltava, chi cercava di capire le nostre ragioni. Mai come ora siamo soli, soli contro tutti.
Ma non vogliamo fare del vittimismo. Se siamo arrivati a questo punto c'è un perché, anche se, per buttarsi nel ragionamento, si rischia veramente di avvicinarsi a quei pennivendoli che credono di sapere tutto di un movimento giovanile nato più di 35 anni fa.
Con l'aumentare della repressione in risposta alla violenza, che fa parte del mondo Ultras, forse era il momento di usare la testa, e questo già da anni a questa parte. Noi nella nostra piccola realtà l'abbiam fatto, anche per motivi di "sopravvivenza", e, pur seguendo i nostri ideali, ci siamo adattati pagandone comunque le conseguenze in termini di arresti, diffide e manganellate.
Capiamo benissimo che per piazze più grandi queste parole potrebbero sembrare eresie, piazze per cui regole non ne esistono in quanto l'Ultras viene dalla strada (condividiamo), per cui nulla è vietato. Purtroppo però se siamo noi Ultras i primi ad alzare il livello dello scontro, non possiamo poi non aspettarci un ritorno di fiamma ben maggiore, a cui forse non tutti potrebbero resistere.
Discorso complicato, troppo, da cui è difficile uscirne. Troppo facile col senno di poi dire "bisognava usar la testa" (anche a ragione), "scontri a mani nude", quando si sa benissimo che in cambio si potevano ricevere lacrimogeni ad altezza uomo, manganelli al contrario, o da altri rivali: spranghe, coltelli e razzi.
Ma guardando avanti, quale futuro si prospetta per noi Ultras? Prendendo per esempio una piazza piccola come la nostra.
Tralasciando l'aumento della repressione che ci sarà sicuramente, la cosa che forse ci spaventa di più è come cambierà il modo di andare allo stadio.
Siamo in Italia vero, ma non crediamo che questa volta tutto passi sotto l'uscio, come si vuol dire.
Se ci proibiranno le trasferte, massimo momento di aggregazione per il gruppo, se non ci permetteranno di stare in piedi a cantare e sventolare, a esporre liberamente le nostre idee su striscioni, come diventerà per un Ultras il modo di andare allo stadio? O meglio, il modo di andare allo stadio sarà adatto all'Ultras, per come noi lo intendiamo?
Interrogativi, domande, paure.
Non ci resta che aspettare le decisioni di chi non guarda solo il problema della violenza ma anche i propri interessi, non ci rimane che stare a guardare, per poi trovarsi a quattr'occhi e decidere.
Guardando negli occhi e ascoltando quei "ragazzi" che allo stadio vanno da oltre 20 anni, alcuni dei quali già hanno abbandonato, lo stadio non il gruppo, per principio, per non dare il nome da stampare su un biglietto.
DA PIU' DI 30 ANNI TRADIZIONALMENTE ULTRAS... A TESTA ALTA!

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