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La morte del calcio

26 - 07 - 2006

Ci eravamo solamente illusi. Pensavamo fosse finalmente saltato il sistema di potere ed arroganza che ha gestito e portato sull'orlo del baratro il calcio italiano. Invece è ancora integro e, da ieri, complice la sentenza della CAF, più forte e spavaldo di prima.
Oggi ci dobbiamo ricredere: tutto quello che abbiamo letto e sentito negli ultimi mesi non era vero. Le intercettazioni che inchiodavano alcuni dei principali responsabili della crisi del calcio in Italia non sono mai esistite; gli azzeccagarbugli di turno hanno trasformato le accuse di illecito sportivo per molte persone e per tutte le società coinvolte - tranne la Juventus che era la meno difendibile - in innocenti marachelle frutto di ingenuità più che di malafede e passibili al limite di piccole penalizzazioni o di pubbliche ammende come è accaduto nel caso di Carraro!
D'altronde, è comprensibile: era emerso un sistema truccato e malato fatto di favori pressioni ed illeciti e, per estirparlo, bisognava cominciare a fare pagare qualcuno. Ma in Italia, gli interessi di parte e di partito sono da sempre più forti e radicati di quelli collettivi ed è per questo che, anche il politico, l'imprenditore, il sindaco o il tifoso animato dai più nobili pensieri ed ideali, quando è toccato nel suo comincia a vacillare e difende a testa bassa il proprio orticello.
Così, nelle città delle quattro squadre coinvolte nello scandalo, gli stessi tifosi che, fino a pochi mesi prima intonavano cori e portavano striscioni contro il calcio moderno e per un sistema più pulito, organizzano manifestazioni per difendere la permanenza in A della propria squadra; ed ecco i sindaci di Roma e Firenze subito pronti a sostenere che condanne troppo severe sono un'ingiustizia prima di tutto contro le due città, in questo affiancati dai massimi esponenti di Udeur e Forza Italia che coltivano i propri interessi difendendo i primi a spada tratta il loro iscritto Della Valle e i secondi il Milan di Berlusconi.
Peccato!
Questa sentenza poteva veramente risollevare il calcio italiano, tracciare uno spartiacque tra un sistema viziato e corrotto e un nuovo sistema da inventare e costruire. Si è invece scelto di premiare il passato, e di rassicurare i soliti noti e potenti che il loro modo di concepire e gestire il calcio è vincente.
Che fare? Per ora vince lo sdegno e la rabbia perché siamo certi che questa sentenza rappresenta la pietra tombale sul quel calcio romantico e pulito per cui noi ci siamo battuti e che continuiamo a sognare...

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