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L'abbraccio all'altra Curva

26 - 01 - 2008

L'articolo che segue è stata tratto da "Il Romanista".

L'abbraccio all'altra Curva

Gabbo una volta ha suonato per Francesco Totti. La Roma era in quel locale per brindare alla vittoria di una coppa, Gabriele, che stava lì per lavoro, chiamò a casa per avvertire: «Papà me ne vado! Ma ti pare che posso suonare per festeggiare i giocatori della Roma!». Ti pare che... Assurdo è sparare a un ragazzo che sta in macchina per andare a seguire la sua squadra del cuore. Quella volta Gabbo non se ne andò dal locale, e ieri è addirittura entrato a Trigoria.
Ci è andato con la splendida dignità della famiglia Sandri, della mamma e del papà, e quella più giovane di Cristiano, il fratello. Ci voleva andare da quando Totti era andato a trovarlo quel giorno dell'ultimo saluto. Quella volta che, invece, Gabbo se ne era andato davvero. Ma Gabbo continua a essere vivo. E non è uno slogan così come non erano soltanto sante parole quelle che Cristiano Sandri ha detto quel giorno parlando in suo nome. «Ho sentito tanti amici, tifosi della Lazio, tifosi della Roma, la morte di Gabriele ha dato una nuova consapevolezza di valori in tanti. La consapevolezza del valore della vita che mai può essere messo in discussione. È giusto parlare di sacrificio per mio fratello. Dalla sua morte non ho più sentito parlare di episodi di violenza negli stadi. Ogni situazione legata a lui dovrà essere ricordata per l'alto valore che rappresenta: il valore stesso della vita». Ieri la famiglia Sandri è andata a Trigoria per ringraziare il capitano della Roma di quel gesto fatto senza flash e telecamere. Erano le uniche persone a poterlo fare. Nel senso che non c'è molto da dire grazie al campione per aver fatto una cosa che è soltanto umana (anche se di questi tempi l'umanità è l'eccezione), non ci sono da fare monumenti a Totti. È la famiglia Sandri che ha voluto così, è tutto quello che sta volendo, cercando di fare, che meriterebbe di essere ascoltato: Totti e con lui gli altri giocatori, Luciano Spalletti, Scaglia, Tempestilli e Brozzi (i fratelli del dottore della Roma hanno giocato a pallone con Cristiano in qualche categoria dilettantistica, qualche tempo fa) hanno fatto questo. «Mi ha fatto piacere perché è stata una cosa semplice, vera come ha dimostrato di essere Francesco. Quel giorno al funerale è stato il primo a venirmi ad abbracciare. Quel giorno al funerale venne come ragazzo». Come Gabbo.
Questa visita ha il significato delle sciarpe a Badia al Pino, della solidarietà fra tifosi di pallone, anche i cosiddetti ultras, che sono prima di tutto essere umani «e non sub specie di persone, come vengono trattati», che sanno distinguere tra colori e significati affibbiati. Anche Cristiano era, è un ultras e lui sta istituendo una Fondazione nel nome del fratello che si occuperà principalmente dello studio sulla violenza. Anche il papà Giorgio si può definire un ultras e ha detto che gli piacerebbe andare a vedere il prossimo derby in Curva Sud. Pure Totti glielo ha chiesto, e la risposta è stata nuovamente: «Sì». «No» invece Totti lo ha detto a Cristiano alla pretesa di «pittare con un po' di bianco e celeste» le stanze di Trigoria. Ma ti pare?! Ti pare che...
Il messaggio è di una semplicità sconcertante eppure tanti faticano a capirlo. «La bandiera della solidarietà non ha colori». La Nord adesso ha il nome di Gabriele Sandri. Ieri Francesco Totti è come se avesse abbracciato quella Curva. E non è mai stato così romanista.

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