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Perché gli stadi sono deserti

06 - 01 - 2008

L'articolo che segue, a firma Sergio Neri, è tratto da "Stadio" del 04 gennaio 2008.

Obiettivo 2008: riportare la gente allo stadio

Tra poco riprende il suo cammino il campionato e c'è da augurarsi che gli stadi si colmino di gente più di quanto sia avvenuto in passato ma resta la grande preoccupazione per i vuoti che segnalano un malessere meritevole della massima attenzione.
La Federazione per quanto la riguarda e soprattutto il Coni dovrebbero dar vita ad una commissione di saggi scelti tra uomini di grande cultura sportiva non solo per capire il perché del disagio tutto italiano dei frequentatori degli stadi ma anche per inquadrare il problema sotto il profilo della promozione di questo sport tra i giovani. Il disagio ha motivi conosciuti.
La violenza ha in parte causato l'esodo ma in un certo senso anche la battaglia condotta contro la violenza, rendendo necessariamente tutto più complicato e difficile, ha causato il disamoramento di molte persone per le quali la frequentazione dello stadio per la partita non è più un momento di festa collettiva, di socialità gradevole e importante ma una sorta di pena alimentata dal grigiore e la tristezza di un ambiente che non ha più la gioiosa allegria d'un tempo.
Il costo dei biglietti ovviamente influisce non poco così come l'impossibilità in molti casi di seguire la propria squadra in trasferta per effettuare con l'esercizio della passione sportiva un gradevole viaggio in buona compagnia.
C'è però un altro problema che si proietta nel futuro e che merita uno studio. Per questo dicevamo poco sopra che il Coni avrebbe dovuto creare una commissione di saggi per inquadrare una realtà che incide enormemente sullo sviluppo dello sport e del calcio tra i giovani.
E' vero che la gente diserta lo stadio preferendo la televisione. Ed è dunque logico che le televisioni si freghino le mani per gli affari d'oro che l'esodo garantisce.
Ma forse nessuno si rende conto che questo drastico taglio delle radici d'uno sport non può assolutamente garantire del futuro.
Lo stadio è la casa naturale del calcio ed è nello stadio che si realizza pienamente un sentimento passionale destinato non solo a garantire tifosi ad una squadra ma anche e soprattutto nuove vocazioni tra i giovani.
Lo spettacolo televisivo non è la stessa cosa. Non c'è rapporto diretto tra la gente e gli autori dello spettacolo. Non si crea quella sintonia che nello stadio accomuna gli spettatori ai protagonisti li coinvolge un'intera comunità nell'evento. Non s'avverte quell'aria che rende la festa più contagiosa e più intensa, che tutti insieme si respira.
Non s'odono quelle voci che rendono sempre più intenso e colorito lo spettacolo e che trasmettono, al pari d'un gol, emozioni fortissime a chi le raccoglie.
Lo stadio è la casa nella quale il calcio ha posto le sue radici. Perdere il bene dello stadio a beneficio dello spettacolo trasmesso a casa dalla televisione, significa tagliare le radici e vivere, fin che dura, d'uno spettacolo virtuale, bello ed emozionante fin che si vuole, ma privo dei sentimenti passionali che nello stadio si creano.
Ecco il problema che una commissione ci saggi (sportivi, naturalmente, cioè dotati di grande cultura sportiva) dovrebbe affrontare per approfondire e anticipare problemi che nel futuro potrebbero causare una pesante caduta di popolarità del calcio, soprattutto tra i giovani.
Una volta ai tifosi era consentito d'assistere agli allenamenti. Erano anche quelli momenti che creavano allegria intorno al calcio e soprattutto alimentavano la passione nei ragazzi innamorati del pallone. Era il momento magico dei sogni, quando nascevano le vocazioni naturalmente destinate a trasformarsi in coinvolgimenti al campo, infelici appartenenze al gruppo, in piccoli capitali d'una socievolezza culturalmente importante soprattutto per i più giovani.
Ed erano proprio questi i beni che lo sport porgeva come doni preziosi ai ragazzi, complice il campo nel quale si realizzava puntualmente la domenica il momento più intenso del sogno e della passione.
Il rischio di perdere questi doni è grande ed è grande la possibilità che il calcio, trasferito sempre di più sullo schermo della televisione, tagli la sua radice e resti senza il sostegno del cuore e della voce della sua gente.

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