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Anno zero a Bergamo

29 - 11 - 2007

L'articolo che segue è tratto dal "Nerazzurro" di Bergamo.

Anno zero

Non è facile riprendere in mano la penna dopo tutto quello che è successo domenica 11 novembre e, soprattutto, dopo tutto quello che è stato detto e scritto in queste settimane. Occorrono senso di realtà e di responsabilità, un lungo respiro e via, anche se non è mica detto che sarò all'altezza. Già, molti tifosi, quasi tutti della Nord, "la canaglia" per intenderci, mi hanno chiesto in più occasioni quale fosse il mio pensiero sulla morte di Sandri, sull'interpretazione e l'analisi delle violenze di Bergamo e di Roma e, principalmente, quale futuro si potesse in qualche modo paventare per la tifoseria Bergamasca dopo la chiusura della Curva fino al 31 marzo. Aspettative e interrogativi di non poco conto per chi vive la domenica sportiva in una totalità unica nel suo genere. Andiamo per gradi partendo da un presupposto fondamentale: i morti sono tutti uguali, non esistono distinzioni di sorta. Se non si accetta questo principio, è chiaro che si finisce poi per alimentare tensioni, spirito di rivalsa, fratture sociali e culturali (se non addirittura etniche), odi e violenze. "Perché è vero - ha scritto con lucidità Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera del 12 novembre - che l'omicidio dell'autostrada è del tutto diverso da quello di Raciti, ma c'è il rischio che dai fatti dell'autostrada si torni a situazioni come quella che provocò la morte di quell'ispettore". Della serie, diamoci tutti una bella regolata. Indistintamente.
La morte di Sandri. Il poliziotto della stradale che ha sparato nell'area di sosta di Arezzo ha commesso un tragico e doloroso errore, la pistola dell'agente ha ucciso, senza dolo secondo noi, una persona completamente inerme. Nessun protocollo prevede l'uso dell'arma da fuoco in occasioni simili. Il poliziotto ha sparato forse con l'intento di mirare alle gomme o accidentalmente mentre correva. Omicidio colposo stando alle informazioni rese pubbliche alla stampa, poi che il magistrato, sotto la spinta emotiva, abbia aggravato le responsabilità dell'agente trasformando l'accusa in omicidio volontario, ci pare un azzardo. Staremo a vedere, non ci interessa, al momento, entrare nel merito. La morte del povero Gabriele è assurda, ma purtroppo è capitata, c'è un responsabile, la magistratura, speriamo, farà di tutto per ricostruire in modo puntuale e preciso l'accaduto. Lascia esterrefatti, invece, quanto avvenuto in seguito. Ovvero la "gestione" della notizia da parte della Questura di Arezzo e del Ministero dell'Interno. A seguire, poi, tutti a scusarsi ed a giustificarsi per la scarsità delle notizie prodotte e, soprattutto, per la evidente e stridente incongruenza con quanto affermato dalle autorità (scontro tra pullman di ultras, la polizia che interviene a sedare la gigantesca rissa, colpi d'arma da fuoco sparati in aria) a fronte di una realtà che palesemente evidenziava una dinamica completamente diversa. Il clima ricordava un pò quello politico-sociale degli anni '70 e '80.
Il campionato andava fermato. Le reticenze, i ritardi e la prima incredibile ricostruzione dei fatti (ancora alle 18 e 30, durante la trasmissione televisiva "Tutto Campo", Giampiero Mughini commentava come incredibile la nota emessa dalla Questura di Arezzo: l'agente ha sparato due colpi in aria!), alimentano da subito nel mondo ultras un mix di sospetto e rabbia. La Lega, la FIGC e addirittura il CONI si schierano per la sospensione della giornata di campionato, in segno di rispetto e di lutto per la morte di Sandri. L'Osservatorio del Viminale, invece, spiega che ormai il meccanismo delle partite si è messo in moto ed è pericolosissimo decidere diversamente in quanto si andrebbe a scatenare la violenta reazione delle frange dei tifosi più esagitati. Tesi smentita clamorosamente proprio dalle violente, infelici e ingiustificate azioni intraprese proprio da nostri ultras della Nord. Le violenze, infatti, sono state sospese esattamente due nano secondi dopo che l'arbitro ed il questore hanno deciso per la interruzione della gara contro il Milan. Ergo, il campionato doveva essere fermato. Inutile soffermarsi sugli inauditi incidenti di Roma, con scene da guerriglia urbana e assalti ai commissariati di PS, stiamo parlando di altro. Sul mancato fermo delle partite, si è letto anche di una manifesta volontà da parte di "qualcuno" di non voler, appunto, equiparare la morte di Sandri con quella dell'agente Raciti. Per quanto riguarda gli Ultras, ma non solo, la sensazione netta è stata proprio questa.
Chiude la Curva. "Paga la Nord, assolta la Bergamo per bene" campeggiava su L'Eco di Bergamo di martedì 20 novembre. Titolo infelice per lo scrivente, provocatorio e offensivo per i diretti interessati, i tifosi con l'abbonamento della Nord in tasca intendo. Cosa possa essere passato nel cervello dei quattromila abbonati della Nord (al quale occorre aggiungere il migliaio dei possessori di biglietti venduti per la gara con il Milan, anche loro cittadini italiani fino a prova contraria) è facile immaginare, quasi tutte persone "per bene", loro sì. Provvedimento eccessivo la chiusura della Curva fino al prossimo 31 marzo? Ecco cosa ne pensa Corrado Sannucci su Repubblica del 20 novembre ne "Una decisione rivoluzionaria": "Il calcio, dopo l'introduzione di nuove norme più severe per perseguire i criminali delle curve, dopo la fase nella quale cercava di identificare gli spettatori con i tornelli sperando che fossero un deterrente, decide ora di colpire a fondo, senza guardare in faccia a nessuno, anche se questo implica punire chi non ha saputo o potuto opporsi alle violenze. Rivoluzionaria perché il giudice sportivo ha dovuto compiere molte forzature per arrivare alla sua sentenza: ha considerato mai cominciata una partita che invece lo era, e ha alla fine attutito la responsabilità oggettiva dell'Atalanta... Sono procedure da tribunali speciali, ma evidentemente la gravità del momento ha spinto tutti ad andare al sodo del problema...". Decisamente spudorato. Due riflessioni. Si piega la verità ai propri interessi (la menzogna prevale sul diritto) e, allo stesso tempo, si fa la morale agli altri. Si calpestano libertà individuali, si utilizzano le normative vigenti come carta igienica, ma in nome della democrazia e della ragion di Stato. Già sentite queste cose qui. A quando, caro Sannucci, gulag rieducativi per tutti quei cittadini italiani che non la pensano come te? Il giornalista di Repubblica, inoltre, ci mette la classica pulce nell'orecchio. Parlo di inciucio tanto per capirci. Sembra di intuire, dallo scritto di Sannucci, quasi di un "patteggio" sottobanco affinché le cose andassero in una determinata maniera. Ovvero, nessuna sanzione alla società, ripetizione dell'incontro e pene corporali, ehm, no scusate, chiusura della Nord, immolata alla "ragion di Stato". Sarà vero? Speriamo di no...
La Crociata dei bambini. Solo un flash. Nulla da ridire sul coinvolgimento dei ragazzini, delle scuole, lo sport come educazione, ecc. Sfrondiamo, però, l'iniziativa dalle ipocrisie e dalla demagogia. Vogliamo parlare di pre e adolescenti? Bene. Vorrei sapere di chi sono figli quelle migliaia di ragazzi che secondo una ricerca del Corriere della Sera apparsa in data 20 novembre scorso, sono dediti ad alcol, droga e prostituzione. Come riporta attonito il quotidiano milanese "l'infanzia tradizionale non riesce a superare le classi elementari". Andiamo avanti? "Tre ragazzini su quattro non esitano a confessare di fare cose che loro stessi definiscono rischiose, come ubriacarsi, appunto, bere liquori, prendere farmaci, uscire da soli la sera tardi, avere rapporti sessuali non protetti". E' questa la società che stiamo costruendo! Parafrasando il titolo dell'Eco, possiamo scrivere che "Paga la Nord, assolta la Bergamo perbenista". Ma di questo passo non si salverà nessuno. Tanto meno le categorie più indifese, come i bambini appunto.
Due parole... Precisiamo che non abbiamo condiviso e stigmatizziamo l'azione violenta che ha portato alla sospensione di Atalanta-Milan. Non è utile giustificarsi con il fatto che dovevano essere gli organi preposti ad interrompere la gara, né ci si può nascondere dietro ad un dito ammettendo che, tutto sommato, si è poi rotto solo un vetro. Le conseguenze di un atto poco ponderato, eufemismo, sono sotto gli occhi di tutti. La Curva si è spaccata, in molti, tantissimi, non hanno condiviso e questo la dice lunga, più di tutto il resto. Occorre ricucire e non sarà facile. La repressione ha colpito in modo indiscriminato, come sempre. Forse anche per dividere, per aprire varchi tra i tifosi delusi e smarriti. A mio avviso la Curva dovrebbe fare chiarezza al proprio interno, aprire un dibattito, accertare le responsabilità e, soprattutto, trovare il modo di ricomporre lo strappo senza ambiguità. Oggi tutto l'ambiente atalantino è pervaso da convulsioni, si è al "tutti contro tutti" che non porta da nessuna parte. Come Verona insegna. Rimane il "caso" Zampagna. Sarebbe utile che il ternano ci facesse conoscere la sua verità.
Oggi più che mai: in alto i cuori.

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