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Disavventure di un tifoso con i nipotini

19 - 05 - 2007

Tratto da "Bresciaoggi" del 19 maggio 2007, rubrica "Lettere al direttore".

Caro direttore,
rubo un po' di spazio alla sua rubrica per rendere nota una serie di disavventure. Premetto che sono un abbonato del Brescia calcio che ha ancora la malsana abitudine di frequentare gli impianti sportivi e la criminale idea di portare con sé dei bambini innamorati di questa disciplina.
Dopo gli incresciosi fatti di Catania mi aspettavo da uno Stato forte quale si professa il nostro, una presa di posizione dura contro i responsabili di tali misfatti, mentre invece ho assistito alla solita soluzione italiota: colpirli tutti per non educare nessuno. Stadi chiusi, tutti a casa, anziani e donne compresi.
Ma tant'è. La legge è legge e va rispettata. L'innocenza dei bambini mi spiazza come al solito: «... cosa c'entriamo noi con Catania?» Mi arrabatto in cerca di risposte convincenti e cerco di spiegare ai più piccoli che davanti ad una vita umana spezzata ci si deve fermare a riflettere. Tutto vero e sacrosanto se non fosse che comunque le partite vengono disputate lo stesso: «...però loro a calcio giocano lo stesso e noi li guardiamo alla televisione...». Non preoccupiamoci, tutto si sistemerà.
Tre partite casalinghe vengono disputate a porte chiuse, ma quella con la Juventus è sul campo neutro di Mantova aperto a tutti (grazie per la totale mancanza di rispetto all'abbonato-consumatore). La riflessione è finita, lo spettacolo deve continuare. Faccio finta di niente, ma comincio ad avvertire una certa inquietudine. Idea improvvisa per recuperare il tempo perso: si va a Mantova a seguire la squadra in trasferta. Le tifoserie sono gemellate, la giornata è primaverile, niente di più bello per vivere un sano pomeriggio di calcio. Arriviamo con largo anticipo nella città amica. L'organizzazione capillare ci porta a parcheggiare a cento metri dalla biglietteria per poi fare l'intero giro dello stadio per acquistare i biglietti. Percorso obbligato. Impossibile obiettare.
Mezz'ora di coda allo sportello per sbrigare le innumerevoli pratiche burocratiche, l'intero perimetro dell'impianto sportivo al contrario, problemi al famigerato tornello dovuti al fatto che il biglietto non coincideva con il settore anche se me lo avevano venduto loro. «...zio, ma riusciamo a vedere la partita?»... Comincio a non avere parole sufficientemente chiare per rispondere. Sto osservando, infatti, gruppi di ragazzi bresciani ai quali viene vietato l'ingresso coi loro vessilli in quanto non avevano comunicato alla questura della città ospitante il numero ed il contenuto di essi. Da uomo libero in un Paese che si dichiara democratico comincio ad avvertire un senso di nervosismo ed instabilità.
Noi perdiamo il calcio d'inizio della partita, la squadra invece la partita stessa. Dopo tanta fatica usciamo sfiniti dalla ospitale città di Mantova, chiedendoci cosa ci serberà il futuro. Di seguito l'inimmaginabile.
Partita successiva per soli abbonati Venerdì Santo alle ore 16 (grazie per la totale mancanza di rispetto all'abbonato-consumatore). Mezza giornata di ferie e mi presento con nipote al seguito. Al tornello non mi fanno entrare, non ho regolarizzato l'abbonamento con il codice a barre. Gli spiego che ho un lavoro e le vacanze non le posso sprecare tutte per rincorrere gli adempimenti burocratici del calcio, purtroppo non sono gli unici... Mentre scannerizzano il nipote di sei anni con un metal detector manuale («...zio, cosa mi stanno facendo?») vengo accompagnato in ufficio per regolarizzare la tessera, regolarmente pagata in contanti nel lontano agosto 2006. Perdo il calcio di inizio, ma finalmente posso assistere al match. Vinciamo, serpeggia ottimismo.
Festeggiamo la Santa Pasqua ed il martedì successivo miracolosamente il Mario Rigamonti riapre a tutti. Pomeriggio ore 18 (grazie per la totale mancanza di rispetto all'abbonato-consumatore) di un giorno lavorativo. Stavolta non mi fregano: carta d'identità in regola, codice a barre sulla tessera regolare, puntualità perfetta, sono d'accordo con mio fratello per assistere insieme alla gara. Entrerà, con prole, alle 18.35, stravolto in viso. La biglietteria non era attrezzata per gestire l'incredibile afflusso di qualche centinaio di persone sbalordite da tale situazione. Perdiamo ancora l'inizio, ma vinciamo in campo. La felicità fatica a svelarsi.
La squadra comincia a girare, quest'allenatore, cura giusta per una città che ha ancora voglia di entusiasmarsi, sta lavorando bene e tra noi, nella mia piccola comunità familiare, c'è fermento.
Sabato c'è Brescia-Lecce, dobbiamo vincere, ci organizziamo per tempo. Biglietti acquistati fin dalla mattina, netto anticipo rispetto al calcio d'inizio, striscioni arrotolati in cantina, codice a barre presente e documenti alla mano ci presentiamo all'entrata Tribuna con questa formazione: 5 adulti e 6 bambini bellissimi tra i tre e i nove anni. Quadretto gioioso, allegria, spensieratezza, voglia di sport. Stop... Scusi? Nella zona antecedente il tornello, degli zelanti steward ed esponenti delle forze dell'ordine tolgono dal collo degli esterrefatti bambini le loro sciarpe. Una non può entrare, in piccolo compare la parola Ultras.
Sopra quella sciarpa poteva esserci scritto doping, falso in bilancio, decreto spalma-debiti, Moggiopoli, fideiussioni false, passaporti falsi, cocaina... Ultras no. Per rispetto dei piccoli ingoiamo anche questo amaro boccone. Attendiamo il cambio sciarpa del bambino, mettiamo a disposizione del metal detector manuale anche la piccola di tre anni ed entriamo nell'impianto giusto in tempo per il calcio d'inizio. Altra vittoria. Il sabato successivo, sulle ali di un entusiasmo sempre più logorato, ci presentiamo a Mompiano più che specifici: biglietti acquistati fin dalla mattina, puntualità svizzera, sciarpe con i soli colori biancoblù senza scritte, documenti in regola, codice a barre e barba fatta.
Mostriamo i documenti di identità, maneggiamo il tornello da veri esperti, siamo quasi alla meta quando uno zelante steward coadiuvato da un esponente delle forze dell'ordine ci blocca. Un bambino sta sventolando una piccola bandiera con astina di plastica che la sorregge. O esce o l'asta viene sequestrata. L'iniziale inquietudine è ormai rassegnazione. La faccia del bambino ha detto tutto: ormai è chiaro, non ci vogliono più.
Mi sento colpevole, ci sentiamo colpevoli nonostante non riusciamo ad individuare il peccato. Mi ricordo di una lontanissima domenica di vent'anni fa quando mio padre non mi portò a vedere un Brescia-Monza di serie B perché per tutta la settimana avevo avuto la febbre. Piansi in silenzio per l'intero pomeriggio mentre ascoltavo la telecronaca alla radio nella solitudine della mia stanza. Non vorrei che per la paura di subìre tutte queste angherie certi bambini piangano in solitudine nelle loro camerette perché quel disgraziato del padre e dello zio hanno deciso di accompagnarli alla partita...
Il titolare del ministero da cui derivano tutte queste brillanti novità ha dichiarato recentemente che vorrebbe istituire una sorta di anti-doping per gli studenti che si presentano in classe alla mattina. Una nota trasmissione televisiva ha avuto la stessa idea riguardo ai nostri parlamentari. Uno su tre è stato beccato positivo a sostanze stupefacenti.
Dimenticavo, l'astina del bambino è stata sequestrata, quelle dei tifosi del derby Roma-Lazio o della semifinale di Champions no. Ingiustizia è fatta!

N.B. Mi si conceda una postilla. Stavo imbucando la lettera quanto mi è stato comunicato che la partita di domenica con il Napoli non verrà disputata per problemi di ordine pubblico. Avevo convinto tre miei amici a ritornare a seguire i colori biancoblù, hanno già acquistato i biglietti ed avvertito le famiglie della loro assenza. Ai miei nipoti non ho il coraggio di dirlo.

Lettera firmata

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