Lunga vita agli Ultras
di Sport People
16 - 02 - 2007
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Come tanti altri ultras, siamo esterrefatti sbigottiti attoniti incazzati ed impauriti da quello che è successo a Catania e da quello che sta accadendo in questi giorni.
Avversiamo al 100%, da sempre, chi - pseudo ultras compresi - usa il calcio per traffici vari e/o per fare violenza gratuita, al di fuori di ogni codice, ma il gioco al massacro dei mass media e di quasi tutto il mondo politico è semplicemente scandaloso.
Nulla, sia chiaro, può giustificare quello che è accaduto a Catania, a prescindere dal fatto che sia morto l'Ispettore Raciti e nemmeno se si scoprisse che altro ha causato la sua morte (vedere alla voce "lacrimogeni sparati ad altezza d'uomo"), ma siamo pronti a scommettere che il 90% di quei ragazzi (e soprattutto ragazzini) che hanno messo a ferro e fuoco una città non sono gli ultras per come siamo e come li intendiamo noi. E se tali essi si definiscono (o si credono...) ci chiediamo se magari non sia proprio una conseguenza del fatto che i media hanno dato, negli anni, questa immagine stereotipata dell'ultrà: il maledetto, il violento, il "protagonista" del casino domenicale. E a qualcuno questo protagonismo, questa visibilità mediatica può piacere o può servire, ed anche molto.
Certo è cosa completamente diversa dal vivere ultras sette giorni su sette: partecipare alle riunioni, preparare la coreografia, organizzare la trasferta, viaggiare in lungo ed in largo a proprie spese, così, "solo" per il gusto di stare dentro a qualcosa di importante, che ti riempie, che ti fa crescere, che da semplice individuo ti trasforma in Persona. E da Persona capisci anche il valore della vita ed il rispetto dell'altro.
Noi pensiamo, senza criminalizzare la realtà Ultras (con la U maiuscola) catanese, che i protagonisti dei fatti di venerdì siano individui senza cervello, che hanno agito senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni sconsiderate.
Gente pericolosa, dunque; colpevole, certo; da condannare, senza se e senza ma.
Diciamo di più, pur consapevoli delle critiche che qualcuno senz'altro ci farà: di fronte ad episodi che mettono a rischio la vita di una persona dove sta il limite tra reticenza ed omertà?! Non prendere concretamente le distanze da certa gente significa esserne complici: alzare le spalle e dire "Io non lo faccio" di fronte a chi, magari nostro vicino in curva, usa le lame o le bombe carta, non basta più. Questa teppaglia non merita alcun tipo di solidarietà, nessuna impunità, costi quel che costi.
Ed infatti il problema è che ora l'italiano medio, che ha ricevuto la solita informazione sensazionalistica, superficiale e supina agli interessi politici ed economici, se la prende con gli ultras nel loro complesso, indistintamente e aprioristicamente, e chiede più repressione, stadi militarizzati, modelli spagnoli e inglesi, senza sapere un accidenti di quello che dice.
Perché l'italiano medio che sbraita (o vede sbraitare) in tv allo stadio non è mai andato, non sa di cosa parla ed ascolta cronache o, peggio, analisi di giornalisti che per la maggior parte non hanno mai messo il piede in una curva e forse qualcuno nemmeno in uno stadio: parlano per sentito dire, di quello che gli fa comodo dire (la dura legge dell'audience...), si richiamano a teorie sociologiche arcaiche e superate, non sanno distinguere (scusate se è poco) un fumogeno da un razzo, una torcia da un lacrimogeno. Un ultras da un teppista, appunto.
Parlano e scrivono a vanvera, ed ovviamente senza contraddittorio, di impunità e di accondiscendenza nei confronti dei tifosi. Ma quando? Ma dove? Non sono al corrente dei sequestri di persona, delle condanne senza processo, dei pestaggi gratuiti e feroci, delle limitazioni delle libertà personali che non solo gli ultras, ma spesso chiunque si reca allo stadio, deve subire. Ricordate il "derby del bambino morto" a Roma? Poiché nessuno di questi benpensanti del giorno dopo si è mai domandato come mai uno stadio intero ha chiesto di sospendere la partita, inveendo pesantemente contro le Forze dell'Ordine, ve lo diciamo noi: perché, vivendo lo stadio e conoscendo certi modi spicci (per non dire altro...) di gestire l'ordine pubblico, hanno creduto verosimile che ci potesse capitare il morto, e non per colpa dei sempre colpevoli ultras. Poteva essere l'occasione per riflettere, invece si è parlato solo del potere di ricatto dei violenti e di uno pseudo complotto ordito dalle due tifoserie.
Ed ancora: i nostri politici e giornalisti non sanno, o forse (peggio) fingono di non sapere delle gabbie, da dove la partita la vedi col binocolo anche se hai pagato 40 euro; non sanno che il modello inglese significa sospensione della libertà per 90 minuti; non sanno che il modello spagnolo significa interdizione anche di portare una bandierina allo stadio e partite giocate in un silenzio surreale; non sanno che significa partita a porte chiuse, tanto il business si fa con le pay-tv...
Ma è possibile che ancor oggi nessuno (o quasi) si interroghi sul fatto che la repressione scientifica, arrogante, spesso illegittima ed incostituzionale di questi ultimi 15 anni altro non ha fatto che alzare un muro di odio tra gli ultras (che pagano in quanto tali, a prescindere dalle loro eventuali cattive azioni) e lo Stato, rappresentato fisicamente dalle Forze dell'Ordine? Ma non ci avevano garantito, volta per volta, che le varie (cinque!!!) leggi speciali emanate avrebbero definitivamente risolto il problema del tifo violento? E allora che risultati hanno dato l'abolizione dei treni speciali, le diffide, il divieto di accendere un fumogeno, il biglietto nominale, la legge sugli striscioni violenti?! Perché non capire che a quella strada, cieca eppure percorsa sempre oltre, occorreva sostituire altri metodi, a cominciare dal dialogo e dall'ascolto del mondo del tifo?
Gli Ultras hanno indubbiamente tante colpe, noi stiamo con quegli Ultras che riconoscono certi errori, si sono assunti le proprie responsabilità ed oggi sono pronti ad assumersene di nuove per evitare che, davvero, non si ripeta più nulla di tanto grave. Con loro vogliamo combattere la violenza sconsiderata perché amiamo questo sport e la sua forza di aggregazione. Non lo facciamo certo per i ronaldi-vieri-inzaghi, non per i cannavari-po,po,po, non per il giornalismo asservito e schiamazzante, ma per i colori della nostra squadra, per i ricordi da bambino, quando andavamo allo stadio con nonno che non c'è più, per la pastasciutta ingollata a 100 all'ora per correre allo stadio, per le trasferte di 20 ore, i campi bianchi delle serie cosiddette inferiori, i gol all'ultimo minuto ecc. ecc. ecc.
Siamo pronti, da Ultras e con gli Ultras, a pagare anche oltre le nostre colpe, ma passare come il Male Assoluto non solo del mondo del calcio ma dell'intera società italiana, ebbene ce ne passa...
Fermarsi è stato giusto, ma il baraccone già riparte e le bastonate alla fine arrivano sempre ai soliti, maledetti ed indifendibili ultras. I Presidenti starnazzano per ricominciare come se nulla fosse, come se il problema non li riguardasse: del resto a quanti di loro fa persino comodo non avere più gli ultras tra i piedi, gli stessi ultras che magari hanno avversato e contestato (cosa ben diversa dal ricattare) certe loro pratiche speculative...
Vedendo i provvedimenti contenuti nell'ennesimo Decreto antiviolenza ci verrebbe da dire "Aridatece Pisanu", pur sapendo bene quanto negli anni abbiamo osteggiato la legge del Ministro poi scoperto a sussurrare con Lucky Luciano...
Assolutamente d'accordo pretendere che gli stadi siano a norma e che le partite si disputino tutte al pomeriggio (tra l'altro una causa cara al mondo ultras...), ma per il resto è un colpire nel mucchio, come sempre, il mondo ultras, criminalizzando migliaia di persone colpevoli non già di essere realmente responsabili di atti violenti ma di essere Ultras. Se applicassimo questo metro di misura, allora, dovremmo dire che tutti i politici sono corrotti, che tutti i giornalisti sono prezzolati, che tutti i preti sono pedofili, che tutte le star dello spettacolo sono cocainomani, e l'elenco andrebbe avanti all'infinito. E ancora, chiediamo ai nostri parlamentari: come vi sareste sentiti se, negli anni di piombo, la vostra militanza, quand'anche un pochino agitata, fosse stata equiparata alle pistolettate ed alle bombe che hanno insanguinato il nostro Paese!?
Prendiamo atto, nuovamente, che contro gli ultras si applicano provvedimenti di limitazione della libertà (di azione, e forse anche di pensiero...) mille volte più pesanti di quelli utilizzati per combattere la mafia ed il terrorismo (vecchio e nuovo).
Non paghi delle diffide tradizionali, già vulnus del nostro ordinamento e molto spesso utilizzate al di fuori di ogni presupposto legale e sostanziale, ecco oggi la "diffida preventiva": bel colpo signori, avete trovato la formula per farci fuori! Inutile dire che i primi a pagare saranno proprio i ragazzi che si prendono più responsabilità nei gruppi, i ragazzi che in questi anni non hanno accettato in silenzio gli abusi ed il malaffare, quelli che "disturbavano i manovratori" del calcio italiano, e che manovratori: Carraro, Moggi, Matarrese... dobbiamo continuare?! Ops, ma di cosa ci lamentiamo... siamo o non siamo Campioni del Mondo?!
C'era una volta la libertà di parola e di pensiero anche per gli ultras, ma da oggi il solerte funzionario, magari provvidamente imbeccato, ci potrà diffidare per una critica poco gradita dal presidente, per un "signornò" di sacrosante ragioni per una t-shirt un po' sopra le righe, per uno sguardo minaccioso (beh, questo a qualcuno già è capitato ...).
Invitiamo i nostri politici, così attenti a tranquillizzare l'ondata di moral panic, a fare molta attenzione, perché questa norma - al pari di quella che vieta, di fatto, le trasferte - oltre che essere ingiusta e degna di uno Stato Militare rischia di essere controproducente, elevando all'ennesima potenza la violenza.
Certamente una larga parte di Ultras, proprio perché cervelli pensanti, donne e uomini veri, si chiamerà fuori dalla "guerra totale": anche questo vorrà dire avere mentalità. Ma ci saranno frange, più o meno manovrate, più o meno controllabili, che avranno campo aperto per le loro azioni delinquenziali: spazzato via il folclore delle bandiere ed i canti della curva, verrà avanti la logica della coltellata a tutti i costi, della bomba carta, della bottiglia molotov e forse anche peggio.
Noi non chiediamo, non abbiamo mai chiesto, impunità: chiediamo giustizia. Pene anche più dure per chi approfitta dello stadio per compiere dei reati, ma che vengano scontate dopo un normale processo: basta con i DASPO a tradimento o, peggio, preventivi. E cosa tanto impossibile?!
Chiediamo che le Istituzioni si interroghino seriamente sul fatto che le curve rappresentano da quasi quarant'anni un luogo ed un momento di aggregazione per decine di migliaia di ragazzi e ragazze che qui, e non più altrove (partiti, oratori, ecc.), trovano stimoli e possibilità di crescita, partecipazione, socialità.
Se si vogliono davvero evitare nuove tragedie, senza distinzione di colori e di divise, è necessario ripartire da qui, dalle forze positive, talvolta forse troppo esuberanti, che sprigiona il mondo ultras. Per non dire poi di quanto può sembrare schifoso per un ragazzo, e non è retorica, il mondo fuori dalle curve: la coca che da anni scorre a fiumi (se ne è accorto anche Lei signor Ministro degli Interni?!) e che ti brucia gli amici, un lavoro a giorni alterni e con poche tutele, continuate voi se volete...
Su questi ed altri temi è necessario, prima che il Decreto venga convertito in Legge, fare partire un confronto tra Istituzioni ed Ultras e siamo certi che quest'ultimi (sempre con la maiuscola!) saranno pronti a fare la loro parte.
Nel chiudere, un forte abbraccio alla famiglia dell'Ispettore Raciti: a loro lo stesso pensiero profondo che riserviamo alle famiglie di Stefano Furlan, Celestino Colombi, Fabio Di Maio, Sergio Ercolano e di tutti i tifosi vittime di una violenza che non ci appartiene.
Lo staff di Sport People
www.sportpeople.net
NB chiunque, singoli tifosi e/o gruppi ultras, condivida il contenuto di questo comunicato è libero di diffonderlo nel modo che più ritiene opportuno ed utile (siti web, volantini, lettere a giornali e tv locali, ecc.) e di portarlo a conoscenza dei parlamentari eletti sul proprio territorio e/o al proprio partito politico di riferimento.