BOYS PARMA 1977

Curva Nord di Parma

I colori delle nostre bandiere contro il fuoco delle loro pistole

02 - 12 - 2007

Nei giorni scorsi "Parmaclub" (Periodico del Centro di Coordinamento dei Parma Clubs) ci ha contattato chiedendoci un pezzo che esprimesse il nostro pensiero sul momento contingente del mondo ultras (omicidio di Gabriele Sandri, repressione, norme anti-tifo, ecc.).
Gli abbiamo inviato l'articolo sotto, intitolato "I colori delle nostre bandiere contro il fuoco delle loro pistole".
«Per ragioni di spazio» il pezzo è stato da loro riassunto come pubblichiamo a fine pagina ("I BOYS PARMA") e pubblicato sull'edizione del 02 dicembre 2007.

I colori delle nostre bandiere contro il fuoco delle loro pistole

Qualcuno ha avuto il coraggio di dire che l'omicidio di Gabriele Sandri non c'entra nulla con il mondo del calcio. Sbagliato. Gabriele Sandri era un ultras, ed è stato ammazzato mentre stava seguendo la sua squadra del cuore in trasferta. Gabriele Sandri era parte attiva di quel movimento eterogeneo che ama i propri colori e che ama sostenerli allo stadio, quel movimento che ha portato il calcio al successo, conferendogli quei sentimenti, quei valori e quelle tradizioni che lo hanno elevato a "sport nazionale per tifosi" (che sono altra cosa rispetto agli "spettatori" e ai "telespettatori"). Quello che non c'entra con il calcio è il proiettile che gli ha perforato la nuca, la disinformazione per coprire l'accaduto (prima) e per sviare l'attenzione dell'opinione pubblica (dopo). Per cui un proiettile "sparato in aria" sarebbe finito per un "tragico errore" nel collo di un ultras. Per cui il fatto del giorno non doveva essere l'omicidio di un ultras inerme, ma una vetrata in plexiglass rotta a Bergamo, auto e cassonetti bruciati a Roma.
Non ci piacciono gli atti di vandalismo (che abbiamo praticamente debellato dall'azione del nostro Gruppo) ma ancor meno gli omicidi (mai sparato a nessuno). Qualsiasi azione sbagliata (specie se ripetuta nel tempo, specie se non sanzionata grazie a taluni privilegi) tende a generare una reazione (non sempre composta e controllabile).
A Bergamo, dove gli ultras hanno danneggiato una vetrata per far sospendere la partita (affinché si rispettasse un morto ammazzato), sono stati arrestati 5 ragazzi. A Milano 2; uno per aver fatto scritte offensive su un muro utilizzando una bomboletta spray, uno per travisamento del volto.
Si arresta chi ha rotto una vetrata in plexiglass, chi ha imbrattato un muro, chi si è coperto il volto. Si lascia libero l'agente che ha ucciso un ragazzo inerme.
E intanto si continuano a criminalizzare gli ultras. Non chi ha sparato, chi è stato colpito. Una campagna d'odio e repressione che dura da anni, e che potrebbe aver influito su quanto accaduto ad Arezzo. Non è che a forza di criminalizzarci qualcuno si sente autorizzato a spararci?
L'ultras è il nemico numero uno dei potenti del pallone. Perché l'ultras ama il suo mondo, perché è giovane, perché sa organizzarsi, perché non vuole vendersi. Le SpA del pallone (con l'appoggio della casta che siede in Parlamento) hanno dichiarato guerra agli ultras, stanchi di vedersi contestate le loro politiche e contrastati i loro piani. A fianco di leggi speciali che vìolano apertamente le garanzie costituzionali e i diritti civili (per cui si può diffidare, anche preventivamente, senza prove e processo) sono state varate norme anti-tifo, per censurare e disgregare i gruppi ultras. Fino alle più recenti norme-rappresaglia (colpiscono nel mucchio), volte a generare conflitti interni alle tifoserie, per cui si possono chiudere interi settori, addirittura stadi, e vietare le trasferte. Per altro: i presidenti sono anni che cercano di ridurre la partecipazione alle trasferte, in favore degli abbonamenti alle pay-tv. Una strada che potrebbe garantirgli ritorni economici nel presente (dalla cessione dei diritti tv), ma assai poco lungimirante, perché svuota gli stadi.
Gli industriali del pallone vogliono un nuovo tipo di tifo e di tifoso. Vogliono tifosi disorganizzati, per controllarli più facilmente, per non avere un'opposizione vera con cui confrontarsi. Vanno bene i club filo-societari, quelli di rappresentanza, che vivono di cene, di apparizioni televisive e di aspirazioni politiche, ma solo quelli. Gli ultras liberi ed indipendenti fanno paura. Perché si oppongono alla privatizzazione degli stadi, agli aumenti dei prezzi dei biglietti, agli anticipi e ai posticipi, alle pay-tv, alle prepotenze di chi detiene il potere economico.
Per questo sono state varate le norme anti-tifo: per censurare le opinioni degli ultras, per impedirgli di diffondere la propria voce in curva, per impedirgli di aggregare altre persone attorno ad idee invise ai potenti. Misure dittatoriali inaccettabili, che hanno spogliato gli spalti italiani, rendendo gli stadi freddi e sempre più vuoti.
Domenica 11 novembre 2007 è stato ucciso un ultras che stava andando in trasferta e non lo ha ucciso un altro tifoso, lo ha ucciso un agente di Polizia. E non lo ha ucciso con uno striscione, con una bandiera, con un megafono, con un tamburo, o con una coreografia. Lo ha ucciso con una pistola.

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I BOYS PARMA
"Non ci piacciono gli atti di vandalismo ma ancor meno gli omicidi"
Non ci piacciono gli atti di vandalismo (che abbiamo praticamente debellato dall'azione del nostro Gruppo) ma ancor meno gli omicidi (mai sparato a nessuno). E intanto si continuano a criminalizzare gli ultras. Non chi ha sparato, chi è stato colpito. L'ultras è il nemico numero uno dei potenti del pallone. Perché l'ultras ama il suo mondo, perché è giovane, perché sa organizzarsi, perché non vuole vendersi. Gli industriali del pallone vogliono un nuovo tipo di tifo e di tifoso. Vogliono tifosi disorganizzati, per controllarli più facilmente, per non avere un'opposizione vera con cui confrontarsi. Vanno bene i club filo-societari, quelli di rappresentanza, che vivono di cene, di apparizioni televisive e di aspirazioni politiche, ma solo quelli. Gli ultras liberi ed indipendenti fanno paura. Perché si oppongono alla privatizzazione degli stadi, agli aumenti dei prezzi dei biglietti, agli anticipi e ai posticipi, alle pay-tv, alle prepotenze di chi detiene il potere economico.
Per questo sono state varate le norme anti-tifo: per censurare le opinioni degli ultras, per impedirgli di diffondere la propria voce in curva, per impedirgli di aggregare altre persone attorno ad idee invise ai potenti. Misure dittatoriali inaccettabili, che hanno spogliato gli spalti italiani, rendendo gli stadi freddi e sempre più vuoti. Domenica 11 novembre 2007 è stato ucciso un ultras che stava andando in trasferta e non lo ha ucciso un altro tifoso, lo ha ucciso un agente di Polizia. E non lo ha ucciso con uno striscione, con una bandiera, con un megafono, con un tamburo, o con una coreografia. Lo ha ucciso con una pistola.

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