Gemellaggi
Lettera di Ghiro61 a www.boysparma1977.it |
Venerdì 09 Maggio 2014 14:29 |
Pubblichiamo le lettera inviataci da uno dei fondatori dei BOYS in merito al 4 maggio 1986 e al 4 maggio 2014 che ci ha visto protagonista della festa inseme ai nostri fratelli blucerchiati.
QUATTRO MAGGIO E DINTORNI. Inizio con alcune considerazioni di carattere "storico" per passare poi ad altre di merito afferenti la cronaca più recente. Sono uno dei fondatori dei Boys e ho fatto parte del Direttivo fino al 1986. La data "fatale" che segna la fine della prima parte della nostra storia è quella, ormai nota, del 4 maggio 1986, giorno in cui si verifica una cruentissima battaglia tra tifosi della Curva Nord e forze dell'ordine che, senza alcun motivo, caricano manganellando alcuni tifosi che, oltre la rete di recinzione, sono in campo intenti a staccare gli striscioni al termine di un derby contro la Reggiana, provocando una furiosa reazione di tutta la Curva. Il 4 maggio 2012, cioè ventisei anniversario dopo, chi fece parte di quel Direttivo inizia a ricordare formalmente l'evento con una cena in famiglia organizzata presso il bar di un amico. Quella medesima sera viene lanciata l'idea di realizzare uno striscione commemorativo, la proposta è approvata e si organizza una colletta. I soldi raccolti sono superiori al necessario, per cui si pensa di confezionare due striscioni, anzichè uno e di regalare il secondo ai Boys, che nel 2012 celebrano il trentacinquesimo anniversario della fondazione (questo secondo striscione verrà poi consegnato a S. Lazzaro il mese successivo, al termine della finale dell'ormai tradizionale torneo di calcetto e non ci rincrescerebbe vederlo esposto allo stadio almeno una volta all'anno). Lo striscione commemorativo misura circa 2,50 metri X 1,30 in altezza, riproduce la bandiera del Parma (fondo bianco con croce nera) e reca due diciture: la dicitura di fondo è , che ricorda quella data che per noi ha significato la fine di un pezzo della nostra vita; la seconda dicitura, in carattere corsivo sottile è che, onde evitare il diffondersi di miti, leggende (ed equivoci), ora spiego: questo striscione ha, come accennavo prima, il suo gemello (eterozigote, in quanto sono diversi) in quello regalato ai Boys; questo secondo striscione, di uguali dimensioni e che descrivo solo parzialmente, riproduce la bandiera della città (fondo giallo con croce blu) e reca stampigliati 29 nomi su uno dei quattro riquadri che delimitano la croce, che sono i nomi (o i soprannomi) di coloro che hanno idealmente firmato lo striscione regalato ai Boys e che sono ventinove in tutto, da cui , suggerito anche dall'assonanza con il parallelo club verdiano. FINE DELLA STORIA. SECONDA PARTE. Nelle quarantott'ore comprese tra sabato 3 maggio e domenica 4 maggio si sono verificati due fatti potenzialmente destinati a imprimere una ulteriore svolta alla storia del tifo in Italia: il primo è noto a livello nazionale, il secondo solo a livello locale, o poco più. Sabato 3 maggio (primo fatto) un tifoso (sembra della Roma) ha sparato e ha colpito tre tifosi napoletani: mi astengo dalla coreografia orgiastica di commenti pseudo indignati di giornalisti, politici ed intellettuali organici, per attirare l'attenzione su un elemento che nessuno ha preso in considerazione: si tratta di un accadimento che in Italia non aveva avuto precedenti prima d'ora; l'utilizzo di un'arma da sparo per affrontare tifosi avversari ha creato ora , inevitabilmente, un precedente che potrebbe prima o poi ripetersi, in virtù della forza imitativa che tutti i precedenti determinano (si pensi, ad esempio, al suicidio di imprenditori oppressi dalla crisi economica in atto che, ad oggi, assommano a qualche centinaio, inizia cioè uno e mille lo seguono). Il tutto fa anche parte di una logica, se così vogliamo chiamarla, di escalation nella modalità degli scontri, prodottasi nel tempo: calci e pugni all'inizio, poi i bastoni, poi le spranghe di ferro, poi i coltelli, ora una pistola: da oggi c'è il rischio, non teorico, ma concreto, che allo stadio ci sia non più (o non solo) chi va con un coltello, ma chi va tenendo una pistola in tasca. Domenica 4 maggio (secondo fatto) a Parma tifosi crociati e della Sampdoria hanno dato vita a una meravigliosa festa, animando Piazza della Ghiaia, dai più considerata ormai una piazza morta e sfilando insieme in corteo verso lo stadio percorrendo le vie più importanti del centro cittadino. In Piazza della Ghiaia si notavano numerose ragazze e donne, da ambo le parti, nonchè bambini, membri di famiglie genovesi o parmigiane. Nel mezzo di questi due avvenimenti si inserisce una delle poche dichiarazioni sensate (a fianco di molte di basso profilo e di alcune ai limiti del demenziale) rilasciate da un politico a commento del tragico fatto verificatosi a Roma: il Presidente del Consiglio in carica, On. Matteo Renzi, ha detto più o meno così: . A questo punto siamo davanti a un bivio: o le pistole o le famiglie allo stadio. Posto che lo Stato italiano non riuscirà mai ad arginare il fenomeno della violenza negli stadi, dato l'ordinamento vigente e a meno di introdurre una legislazione di tipo sovietico (cioè una legislazione arbitraria, ma già in partenza incostituzionale), non resta che intraprendere il percorso suggerito dall'On. Renzi e già intrapreso a Parma domenica scorsa. Naturalmente ciò comporta uno sforzo da ambo le parti: i tifosi devono impegnarsi a superare ataviche rivalità e chiusure mentali (che spesso denotano mancanza di intelligenza); lo Stato italiano, dal canto suo e per cominciare, anzichè pensare a irragionevoli contromisure, tra cui il Daspo a vita o il Daspo collettivo, potrebbe ad esempio annullare i Daspo in vigore a coloro che in concreto si impegnano a non rendersi più protagonisti di scontri allo stadio. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Un drappo blu con scritta gialla, esposto in Piazza della Ghiaia domenica, riportava due date, accostate l'una all'altra, 4 maggio 1986 - 4 maggio 2014: nella prima, noi parmigiani siamo stati protagonisti di una delle più grosse battaglie verificatesi in Italia in uno stadio, nella seconda siamo stati nuovamente protagonisti, primi in Italia, di un gesto che all'opposto indica in concreto un percorso di riconciliazione da perseguire anche tra tifoserie non gemellate. In mezzo c'è lo Stato italiano che in questa vicenda non deve svolgere la funzione del convitato di pietra, nè del grande Gendarme che pensa solo a punire i suoi cittadini indisciplinati. Per arrivare a questo occorre, quindi, essere in due, tifosi da una parte e Stato italiano dall'altra, diversamente aumenterà la repressione contro i tifosi, ma aumenterà anche la violenza, fatalmente e inevitabilmente. Il bivio è altrettanto evidente: o la pistola o le famiglie allo stadio. GHIRO61
4 MAGGIO 1986
4 MAGGIO 2014
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