Dentro o fuori dagli stadi, ostinatamente noi stessi PDF Stampa E-mail
Lunedì 15 Ottobre 2012 17:14

Sono passati solo quattro mesi da quando abbiamo abbandonato il campionato di Serie D ma ci sembra davvero passato un secolo. Quattro mesi che ci hanno catapultato in una situazione totalmente diversa, che ci aspettavamo ma che non pensavamo potesse snaturare così tanto il nostro essere Ultras.

Fino a poco tempo fa parlavamo di tifo, coreografie, colore e trasferte in massa con pullman e treni. Oggi tutto questo non ci appartiene più. Il tifo ormai è limitato alle partite casalinghe, le coreografie è meglio vederle in fotografia e le trasferte sono per quei pochi che ancora ci credono e sfidano tutto e tutti per presenziare fuori dagli stadi. Gli stadi sono diventati un lontano ricordo di quello che erano negli anni ottanta e novanta e chi oggi non ci mette più piede non va certo condannato. Le trafile infinite per prendere un biglietto, il triplo filtraggio, il metal detector, le partite chiuse solo per gli aventi la tessera, i settori ospiti desolatamente vuoti. Tutto contro l’interesse dei tifosi. Ma è troppo facile dire “che nostalgia dei vecchi tempi” o “le cose erano meglio una volta”. Il calcio è cambiato e con esso è cambiato il movimento Ultras che lo circonda (e la colpa molte volte è da attribuire allo stesso movimento). Se si vuole andare avanti ci si deve adattare. E c’è chi si è adattato snaturando il proprio essere, mandando i fax per gli striscioni, collaborando a braccetto con le autorità e facendo la tessera del tifoso. Chi invece ha preferito chiudere la baracca non riuscendo a portare avanti una battaglia legittima ma alquanto logorante. E chi invece adattandosi ai mille cambiamenti e alle severe disposizioni, sempre fedele alle proprie origini e a certi valori sta cercando di combattere con la presenza dentro e fuori dagli stadi questa assurda tessera del tifoso. Non serve dirlo che noi ci sentiamo in questo ultimo filone ma non vogliamo certo fare i duri e puri e anzi è giusto dire che quanto abbiamo intrapreso è un percorso alquanto ostile e insidioso ma che ci sentiamo di portare avanti fino alla fine per mantenere quella dignità di uomini e di Ultras che abbiamo sempre ostentato. Tanti ci chiedono perché facciamo km e spendiamo soldi per rimanere fuori da uno stadio o per tentare di vedere la partita da chissà quale posto. La nostra risposta è una sola. Perché ancora ci crediamo. Da illusi e sognatori,crediamo ancora che sia un diritto dire la nostra e far vedere che in pochi o in tanti siamo ancora ostinatamente in piedi. Che l’aggregazione si può fare dentro e fuori dagli stadi e che gruppo vuol dire amicizie, condivisione di valori e di libertà che non sarà certo una tessera a decretare. Diamo fastidio perché diversi. Diversi da chi mette davanti una partita di pallone alla propria libertà. E per chiudere con una citazione di Lucio Dalla “chiaro che il pensiero dà fastidio anche se chi pensa è muto come un pesce e come un pesce è difficile da bloccare, perché lo protegge il mare, com’è profondo il mare…”

NO ALLA TESSERA DEL TIFOSO! AVANTI VENEZIAMESTRE! AVANTI GATE 22!

[FONTE: A Sostegno di un Ideale]