"Il Calcio è in mano ai delinquenti" PDF Stampa E-mail
Lunedì 23 Aprile 2012 22:20

Ci risiamo, nuova legna da ardere per i moralisti dei postriboli televisivi. Perché in quei salotti si parla di tutto meno che di quello che è di loro competenza, ammesso che ne abbiano. E’ l’ottavo minuto del secondo tempo, arriva fulminea la notizia da Genova, partita col Siena sospesa per una contestazione di tifosi, gli ospiti sussultano dalle loro poltrone imbottite, il tam tam è immediato e le partite in corso passano in secondo piano: bisogna dire qualcosa! Quei facinorosi devono pagarla cara, e i media non possono permettersi il lusso di veicolare messaggi negativi. Iniziano dunque a fioccare commenti da tutti i campi e da tutti i canali, dai giornalisti agli ospiti, persino dalla suora che era inviata  a Roma per Lazio – Lecce. Addirittura viene intervistato Mazzarri a fine partita e gli viene chiesto: “…so che non c’entra molto con la partita di oggi, ma cosa ne pensa dei fatti di Genova?”. La sua risposta comincia con “…non sono solito guardare a casa degli altri…”.
E cos’altro avrebbe dovuto rispondere? E’ assurdo come venisse imposto a tutti di rispondere a questa domanda, costringendo a risposte improvvisate circa una situazione che probabilmente non avevano ancora avuto il tempo di esaminare . Non sono mancati nemmeno gli esperti in materia; primo su tutti, l’egregio sig. Preziosi, che asserisce: “Alcune centinaia di facinorosi, che fanno parte certamente della delinquenza organizzata, si arrogano il diritto di rappresentare le tifoserie ma sono invece queste le persone da colpire, perchè non devono più venire allo stadio. É un fatto nazionale, non solo genoano: in 100 comandano su migliaia di persone. Perchè? Ieri hanno umiliato i giocatori chiedendo loro di togliersi le magliette. Il calcio Italiano è nelle mani dei delinquenti”.
Tutto sommato, una cosa vera c’è. Il calcio è in mano ai delinquenti: ai delinquenti come quelli che, pochi minuti dopo la morte del povero Morosini si azzuffavano per decidere quando si sarebbe dovuto recuperare il turno, i presidenti e il Sign. Abete; ai delinquenti, capitanati dallo stesso Preziosi, che si fanno sorprendere con valigette piene di soldi nei pressi della sede di società sportive (e fa ancora il presidente…), organizzandosi per vendere l’incontro, incuranti del fatto che rovineranno lo spettacolo a migliaia di persone che ci credono davvero; ai delinquenti che giocano a pallone e che si accordano con extracomunitari per falsare i risultati e incassare le vincite delle scommesse.
Non si vuole entrare nel merito della contestazione, perché non è ciò che ha suscitato il nostro sdegno. Ciò che ci ha colpito è stata la foga nel travisare le notizie, nel trasformarsi in pecoroni e nel dare la colpa di tutti i mali del mondo al tifo organizzato. Del resto, nella personale scala dell’Italiano medio, è più grave protestare un 4 a 1 casalingo a un punto dalla retrocessione , che compiere azioni coercitive nei confronti di un giudice di gare arrivando a chiuderlo nello spogliatoio. Calciopoli docet.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: forse che l’episodio di Genova sia stato strumentalizzato e pompato all’inverosimile per giustificare una riqualificazione degli impianti sportivi e dunque per riempire le tasche ai soliti noti?
Della sicurezza di tifosi e giocatori, ai lor signori, non frega proprio nulla, non facciamoci prendere per il culo. La verità è che fermare un incontro calcistico danneggia innegabilmente le televisioni, causa un sacco di perdite economiche, e per far si che episodi come questo non si ripetano più, a prescindere dalla gravità del fatto, ogni rete ne approfitta per tirare l’acqua al proprio mulino demonizzando qualunque cosa fermi il carrozzone mediatico. Sarebbe opportuno dunque filtrare il messaggio trasmesso: quando si sente “Mai più un episodio del genere!”, va tradotto con “Mai più fermare lo spettacolo, mai più togliere soldi alle televisioni!”. Non si può certo credere che tutti i moralismi esternati con orgoglio dalle reti siano per il nostro bene e per la nostra cultura personale!
Tanto rumore per nulla, come sempre in Italia quando si punta il dito verso il basso, verso la gente comune (e non solo alla stadio, ovviamente). Tanto sdegno perché dei tifosi han chiesto ai propri giocatori di togliersi la maglia in quanto non onorata, senza scontri o violenza, un gesto a nostro avviso tanto estremo quanto romantico, venuto da chi ha la propria squadra nel cuore. Solo chi non è tifoso e chi non vive la partita veramente può sorprendersi e sdegnarsi: la squadra è prima di tutto della sua gente, di quelli che negli anni rimangono al loro posto, non del presidente, dirigente o giocatore di turno.
Solo un sistema autoreferenziale, che pensa solo ai soldi, all’immagine (oddio…), che nega il proprio fallimento può condannare e definire gli ultras il male del calcio. Un sistema che prima o poi, più prima che poi, rimarrà solo, coi propri stadi funzionali vuoti, falliti, senza seguito, calore e sostegno.
Rimarranno giornalisti e telecronisti: che lo facciano loro il tifo.

P.S. …ma la tessera del tifoso non avrebbe dovuto risolvere tutto?

BOYS PARMA 1977 – 35 anni di amore ribelle